Gli studi fatti in Australia per la messa a punto dell'indice per la tolleranza allo stress da caldo e studi precedenti effettuati negli Stati Uniti dimostrano come la sensibilità allo stress da caldo a livello genetico sia andata aumentando nel tempo. Questo è legato soprattutto all'aumento del metabolismo associato ad all'aumento del livello produttivo. La relazione che esiste tra la produzione di latte e la produzione di calore fa sì che le vacche che hanno una superiore produzione soffrono maggiormente lo stress da caldo rispetto a quelle che hanno una produzione inferiore.
Quando una bovina subisce gli effetti dello stress da caldo, uno dei meccanismi di risposta è quello di ridurre l'ingestione, che causa di conseguenza una carenza di nutrienti utilizzabili per la produzione di latte. Allo stesso tempo, il metabolismo basale aumenta per l'attivazione del sistema di termoregolazione. Si stima, inoltre, che elevati livelli di stress da caldo causino un aumento della richiesta di energia per il mantenimento, che può variare dal 7 al 25%, peggiorando così lo stress metabolico esistente legato alla riduzione dell'ingestione, con la conseguente diminuzione della produzione di latte.
Gli studi più recenti effettuati in Gran Bretagna e Scozia, e presentati in parte durante il convegno Anafi svoltosi a Montichiari, raccontano di un impatto economico stimato dello stress da caldo pari a 80 milioni di sterline per anno (circa 15,4 milioni di sterline per ogni ondata di calore). Le perdite di produzione stimate variano dal 3 al 9,5% durante gli eventi, ma è stato verificato che si protraggono fino a 3 settimane dopo.
I dati confermano anche un’interazione significativa tra singola bovina e stress da caldo: le differenze fra animali sono in parte di origine genetica ed è stata stimata un’ereditabilità del 9%, ha raccontato nella sua presentazione al convegno la dr.ssa Wall. Questo rende possibile la messa a punto di strumenti di selezione per la resistenza allo stress da caldo...